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      Se la natura alfin che il tutto creaNon solesse sforzare a dissiparsi
      In parti indivisibili le cose,
      Già non potria restaurar con esseNulla di ciò che si dissolve e muore;
      Poi che quel che di parti onde s'accrescaNon è composto aver giammai non puote
      Ciò ch'aver dènno i genitali corpi,
      Cioè vari fra lor legami e pesiE percosse e concorsi e movimenti,
      Onde nasce ogni cosa e divien grande.
      Se fine in somma allo spezzar de' corpiStabilito non fosse; or come alcuni
      Superando ogn'intoppo avrian potutoPer infinito tempo omai trascorso
      Fino alla nostra età serbarsi intatti?
      Chè scorda molto il rimanere illesoCiò c'ha frale natura, eterno tempo
      Da colpi innumerabili percosso.
      Quindi, chi si pensò che delle coseFosse prima materia il foco solo
      Fu dal vero discorso assai lontano.
      Primo duce di questi armato in campoEraclito si mostra, ed è piuttosto
      Per l'oscuro parlar fra i vani illustreChe tra chi cerca il vero uom saggio e grave:
      Ch'amare ed ammirar soglion gli sciocchiPiù quelle cose che nascoste trovano
      Fra più dubbie parole e più stravolte,
      E sol prestan credenza a quei concettiChe titillan l'orecchie e con sonora
      E soave armonia lisciati sono.
      Ma se, di vero e puro foco il tuttoCreato fosse, onde potrian al mondo
      Nascer cose giammai tanto diverse?
      Poichè nulla giovar dovria che 'l focoDivenisse or più denso ed or piu raro,
      Se le parti del foco avesser tutteDi tutto il foco la natura stessa;
      Giacch'egli unito avria l'ardor più intensoE più languido poi disperso e sparso.
      Ma nulla in oltre imaginar ti puoi


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Della natura delle cose
di Tito Lucrezio Caro
Casa Editrice Sonzogno Milano
1909 pagine 330