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      Che da causa simìl possa formarsi,
      Non che si crein da foco denso e raroCose al mondo fra lor sì varie e tante.
      Oltre che; se costoro il vôto spazioMescolasser fra 'l pieno, il foco al certo
      Potrebbe rarefarsi e condensarsi:
      Ma per non gire a molti dubbi incontra,
      Stanno sospesi, e non s'arrischian puntoA conceder fra 'l pieno il vôto spazio;
      E, mentre temon le contrarie cose,
      Perdon la via d'investigare il vero;
      Nè san che, tolto dalle cose il vôto,
      D'uopo è che tutte si condensin tosto,
      E si formi di tutte un corpo soloChe nulla mai rapidamente possa
      Scacciar da sè, come la fiamma accesaLo splendore e l'ardor da sè discaccia:
      Onde ognun dee pur confessar che il focoNon è composto di stivate parti.
      Che s'e' credon ch'e' possa in qualche modoUnito dissiparsi e cangiar forma,
      Non veggon poi che, concedendo questo,
      Forza è che 'l foco si corrompa in nullaTutto e del nulla anco rinasca il tutto:
      Poichè, qualunque corpo il termin passaDa natura prescritto all'esser suo,
      Questo è sua morte, e non è più quel desso:
      Onde è mestier che qualche parte intattaNe resti, acciò che 'l tutto omai non torni
      Al nulla e poi del nulla anco rinasca.
      Or dunque; perchè sono alcuni corpiChe serban sempre una medesma essenza,
      Per l'entrata de' quai, per la partitaE per l'ordin cangiato il tutto cangia
      Natura e si trasforma in nuove forme;
      Sappi ch'essi non ponno esser di foco:
      Poichè indarno partirsi ire e tornarePotrìano alcuni, altri venirne ed altri
      Varïare il primiero ordine e sito;
      Giacchè, se tutti per natura ardessero,


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Della natura delle cose
di Tito Lucrezio Caro
Casa Editrice Sonzogno Milano
1909 pagine 330