Di Febo e dalle pitie ampie cortineUscisser già; pur, com'io dissi, erraro
Intorno a' primi semi, e gravementeFecer quivi inciampando alta caduta.
Pria: perchè, tolto dalle cose il vôto,
Muover le fanno, e lascian rari e molliIl cielo il foco il sol l'acqua e la terra
Gli uomini gli animai le piante e l'erbeSenza mischiar entro alle cose il vôto.
Poi: perchè fan ch'allo spezzar de' corpiNon sia prescritto da natura un fine,
Nè parte alcuna indivisibil danno:
E pur veggiam che d'ogni cosa il termine
È quel ch'al senso indivisibil sembra;
Onde tu possa argomentar da questoAnco quel che mirar non puoi con gli occhi.
Cioè, che, essendo circoscritte, è forzaCh'abbian l'indivisibile le cose.
S'arroge a ciò; che la materia primaVoglion che molle sia: ma quel ch'è molle
Spesso stato cangiando or nasce or muore:
Per la qual cosa omai disfatto il tuttoSariasi in nulla mille volte e mille,
E mille e mille volte anco rifatto:
Il che ben sai quanto dal ver sia lungiPer le ragioni mie di sopra addotte.
Senza che; son nemiche in molti modiFra lor le cose molli e rio veleno
Esse a sè stesse; onde o perir dovrannoDopo fiera battaglia o fuggir tosto,
Qual, allor che tempesta in ciel si genera,
Fuggonsi i venti e le bufere e i fulmini.
Al fin: se può di quattro corpi soliOgni cosa crearsi, e poi di nuovo
In quegli stessi dissiparsi il tutto;
Dimmi, per qual cagione essi piuttostoDebbonsi nominar principii primi
D'ogni altra cosa? ch'all'incontro ogni altraCosa chiamarsi lor principio primo?
Giacch'essi alternamente in ogni tempo
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Febo
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