Che non corrano a morte. E qual è d'essiChe mille e mille colpi, urti e percosse
A soffrir basti, e finalmente anch'egliNon muoia o si dissolva? il foco o l'acqua
O l'aere? qual di questi? il sangue o l'ossa?
Nessun, cred'io, mentr'egualmente tuttiSarian mortali, in quella guisa appunto
Che l'altre cose manifeste al sensoSon mortali anche lor, poi che perire
Con gli occhi stessi pur si veggon tutteDa qualche vïolenza oppresse e vinte.
Ma tu già sai ch'annichilar non puossiNulla nè nulla anco crear dal nulla.
In oltre: perchè il cibo accresce e nutreIl nostro corpo, è da saper ch'abbiamo
E le vene ed i nervi e 'l sangue e l'ossaMiste e composte di straniere parti.
E, se diranno esser mischiati i cibiDi più sostanze e corpicciuoli avere
D'ossa e di nervi e di vene e di sangue,
D'uopo sarà che 'l secco cibo e 'l molleComposto sia di forestiere cose,
Anzi null'altro sia ch'un guazzabuglioD'ossa e di sangue e di vene e di nervi.
In oltre: tutto ciò che in terra nasceS'egli quivi si trova, è pur mestieri
Che sia la terra di stranieri corpiAnch'ella un seminario: e con le stesse
Parole appunto argomentar ne liceD'ogni altra cosa; onde, se 'l legno occulta
La cenere, il carbon, la fiamma e 'l foco,
Di forestiere parti il legno è fatto.
Or qui parmi che resti un solo scudoDebile e mal sicuro, onde schermirsi
Anassagora tenta. Ei crede adunqueChe sia mischiato in ogni cosa il tutto
E dentro vi si celi; ma che quelloUn tal corpo apparisca e non un altro,
In cui più misti sono ed al di fuoriPiù collocati e nella prima fronte:
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