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      Qui, s'io non erro, di provarti č luogoChe per se stessa alcuna cosa mai
      Non puō da terra sormontare in alto.
      Nč giā vorrei che t'ingannasse il focoCh'all'insų si produce e cibo prende.
      E le nitide biade e l'erbe e i fioriE gli alberi all'insų crescono anch'essi,
      Benchč per quanto s'appartiene a loro,
      Tutti e sempre all'ingių caschino i pesi.
      Nč creder dęi che la vorace fiamma,
      Allor che furïosa in alto ascendeE dell'umili case e de' superbi
      Palagi i tetti in un momento atterra,
      Opri ciō da sč stessa e senza esternaForza che l'urti. Il che pur anco accade
      Al nostro sangue, se dal corpo spicciaPer piccola ferita e poggia in aria
      E 'l suolo asperge di vermiglie stille.
      Forse non vedi ancor con quanta forzaRisospinga all'insų l'umor dell'acqua
      Le travi e gli altri legni? poichč, quantoPių altamente gli attuffiamo in essa
      E con gran vïolenza a pena unitiMolti di noi ve gli spingiam per dritto,
      Ella tanto pių ratta e desïosaDa sč gli scaccia e gli rigetta in alto
      In guisa tal, che quasi fuori affattoSorgon dall'onde ed all'insų risaltano:
      Nč per ciō dubitiamo, al parer mio,
      Che per sč stesse entro lo spazio vôtoScendan le travi e gli altri legni al basso.
      Ponno dunque in tal guisa anco le fiammeDall'aria che le cinge in alto espresse
      Girvi quantunque per sč stessi i pesiSi sforzin sempre di tirarle al basso.
      E non vedi tu forse al caldo estivoLe notturne del ciel faci volanti
      Correr sublimi e menar seco un lungoTratto di luce in qualsivoglia parte
      Gli apra il varco natura? Il sole ancora,
      Quando al pių alto suo meriggio ascende,


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Della natura delle cose
di Tito Lucrezio Caro
Casa Editrice Sonzogno Milano
1909 pagine 330