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      Per lo vano quïeto egual prestezza.
      Non ponno dunque ne' più lievi corpiInciampare i più gravi e per di sopra
      Colpi crear per sè medesmi, i qualiFaccian moti diversi, onde natura
      Produca il tutto: ed è pur forza al certoChe dechinino alquanto i primi semi,
      Nè più che quasi nulla; acciò non paiaCh'io finga adesso i movimenti obliqui
      E che ciò poi la verità rifiuti.
      Poscia ch'a tutti è manifesto e contoChe mai non ponno per sè stessi i pesi
      Fare obliquo viaggio, allor che d'altoVeder gli puoi precipitare al basso:
      Ma che i principii poi non torcan puntoDalla lor dritta via, chi veder puote?
      Se finalmente ogni lor moto sempreInsieme si raggruppa e dall'antico
      Sempre con ordin certo il nuovo nasce,
      Nè travïando i primi semi fannoDi moto un tal principio, il qual poi rompa
      I decreti del fato, acciò non seguaL'una causa dall'altra in infinito;
      Onde nel mondo gli animali han questa,
      Onde han questa, dich'io, dal fato scioltaLibera volontà, per cui ciascuno
      Va dove più gli aggrada? I moti ancoraSi dechinan sovente, e non in certo
      Tempo nè certa regïon, ma soloQuando e dove comanda il nostro arbitrio;
      Poichè senz'alcun dubbio a queste coseDà sol principio il voler proprio, e quindi
      Van poi scorrendo per le membra i moti.
      Non vedi ancor che i barbari cavalliAllor che disserrata in un sol punto
      È la prigion, non così tosto il corsoPrendon come la mente avida brama?
      Poichè per tutto il corpo ogni materiaAtta a far ciò dee sollevarsi e spinta
      Scorrer per ogni membro, acciò con essaDella mente il desio possa seguire.


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Della natura delle cose
di Tito Lucrezio Caro
Casa Editrice Sonzogno Milano
1909 pagine 330