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      Presso a fumante altar d'arabo incenso,
      E dal petto piagato un caldo fiumeSparge di sangue: ma l'afflitta ed orba
      Madre pe' boschi errando in terra lasciaDel bipartito piede impresse l'orme;
      Cerca con gli occhi ogni riposto luogoS'ella veder pur una volta possa
      Il perduto suo parto, e ferma spessoDi queruli muggiti empie le selve,
      E spesso torna dal desio trafittaDel caro figlio a riveder la stalla:
      Nè rugiadose erbette o salci teneri,
      Mormoranti ruscelli o fiumi placidiNon posson dilettarla o svïar punto
      L'animo suo dalla noiosa cura,
      Nè degli altri giovenchi altrove trarlaLe mal note bellezze, o i grassi paschi
      Allevïarle il duol che la tormenta:
      Sì va cercando un certo che di proprioEd a lei manifesto. I tenerelli
      Capretti inoltre alle lor voci tremoleEt al rauco belar gli agni lascivi
      Riconoscono pur l'irsute madriE le lanose. In cotal guisa ognuno,
      Qual natura richiede, il dolce latteDelle proprie sue mamme a sugger corre.
      Di grano al fin qualunque specie osserva;
      E vedrai nondimen ch'ei non ha tantaSomiglianza fra sè, ch'anco non abbia
      Qualche difformitade: e per la stessaRagion vedrai che della terra il grembo
      Dipingon le conchiglie in varie guiseLà dove bagna il mar con l'onde molli
      Del curvo lido l'assetata arena.
      Onde senz'alcun dubbio è pur mestieroChe per la stessa causa i primi corpi
      Poscia che son dalla natura anch'essiE non per opra manual formati,
      Abbian varie fra lor molte figure.
      Già sciôr possiamo agevolmente il dubbio,
      Per qual cagione i fulmini cadentiMolto più penetrante abbiano il foco


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Della natura delle cose
di Tito Lucrezio Caro
Casa Editrice Sonzogno Milano
1909 pagine 330