Di quel che nasce da terrestri faci:
Con ciò sia che può dirsi che, il celesteArdor del fulmin più sottile essendo,
Composto sia di piccole figure,
Onde penétri agevolmente i fóriChe non può penetrare il foco nostro
Generato da' legni. In oltre; il lumePassa pe 'l corno, ma la pioggia indietro
Ne vien rispinta; or per qual causa è questo,
Se non perchè del lume assai minoriGli atomi son di quegli onde si forma
L'almo liquor dell'acque? E perchè tostoVegghiam colarsi il vino, ed il restio
Olio all'incontro trattenersi un pezzo?
O perchè gli ha maggiori i propri semiO più curvi e l'un l'altro in vari modi
A foggia d'ami avviluppati insieme;
Ond'avvien poi che non sì presto ponnoL'un dall'altro strigarsi e penetrare
I fóri ad uno ad uno e fuori uscirne.
S'arroge a ciò; che con soave e dolceSenso gusta la lingua il biondo mèle
E 'l bianco latte; ed all'incontro il tetroAmarissimo assenzio e 'l fier centauro
Con orribil sapor crucia il palato;
Ond'apprender tu possa agevolmenteChe son composti di rotondi e lisci
Corpi que' cibi che da noi gustatiPosson toccar soavemente il senso;
Ma quelle cose poi ch'acerbe ed aspreCi sembrano i lor semi hanno all'incontro
Vie più adunchi e l'un l'altro a foggia d'amiStrettamente intrigati, onde le vie
Sogliono risecar de' nostri sensiE con l'entrata dissiparne il corpo.
Al fin; tutte le cose al senso grateE l'ingrate al toccar pugnan fra loro
Per le varie figure onde son fatte:
Acciò tu forse non pensassi, o Memmo,
Che l'aspro orror della stridente segaFormato fosse di rotondi e lisci
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Memmo
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