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      Nel lume stesso se percosso splendeCon retta luce o con obliqua o mista?
      Come piuma che 'l collo e la cerviceD'innocente colomba orni e colori
      Or d'acceso rubin fiammeggia ed oraFra cerulei smeraldi i verdi mesce,
      E d'altero pavon l'occhiuta coda,
      Qualor pomposo ei si vagheggia al sole,
      Cangia così mille colori anch'ella.
      I quai poscia che pur son generatiSolo allor che la luce urta ne' corpi.
      Non dèi stimar che senza questo possaCiò farsi. E perchè l'occhio in sè riceve
      Una tal sorta di percosse alloraCh'ei vede il bianco e senza dubbio un'altra
      Da quella assai diversa allor ch'ei miraIl nero e qualsivoglia altro colore,
      Nè quale abbian color punto rilevaI corpi che si toccano, ma solo
      Qual più atta figura; indi ne liceSaper che nulla han di mestiere i semi
      D'alcun colore, e che producon soloCon varie forme toccamenti vari.
      Perchè incerta, oltre a questo è del coloreL'essenza e pende da figure incerte,
      E tutte posson de' principii primiIn qualunque chiarezza esser le forme;
      Ond'è che ciò che d'esse è poi formatoAnch'ei non è nel modo stesso asperso
      D'ogni sorte color? dal che soventeNascer potrà ch'anco i volanti corvi
      Vantin con bianche penne il color bianco,
      E di nera materia i cigni neriSian fatti o di qualunque altro colore
      O puro e schietto o fra sè vario e misto.
      Anzi che, quanto in più minute partiSi stritolan le cose, allor succede
      Che tu meglio veder possa i coloriSvanir a poco a poco ed annullarsi;
      Qual se in piccioli pezzi o l'oro o l'ostroSi frange e 'l sovr'ogni altro illustre e chiaro


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Della natura delle cose
di Tito Lucrezio Caro
Casa Editrice Sonzogno Milano
1909 pagine 330