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      Chè certoForz'è pur confessar che dalle cose
      Spiran corpi e si partono: ma dennoCorrervi in maggior copia infin a tanto
      Che le possan toccar l'ultima metaDel crescer loro. Indi la forza adulta
      Si snerva a poco a poco e sempre in peggioL'età dechina: con ciò sia che, quanto
      Una cosa è più grande, essa per certo,
      Toltone l'augumento, ognor discacciaDa sè tanto più corpi; e per le vene
      Sparger non puossi in sì gran copia il cibo,
      Che quant'è d'uopo somministri al corpoE ciò ch'ad or ad or langue e vien meno
      Sia per natura a rinnovar bastante.
      Dunque a ragion ciascuna cosa in tuttoPerisce allor che rarefatta scorre
      E che soggiace alle percosse esterne;
      Poichè per lunga etade il cibo al fineManca senz'alcun dubbio, e mai non cessano
      Di martellar di tormentar le coseEsternamente i lor nemici corpi,
      Fin ch'e' non l'hanno dissipate affatto.
      Così della gran macchina del mondoLe mura eccelse al fin crollate e scosse
      Cadranno un giorno imputridite e marcie;
      Poscia che il cibo dee rinnovellandoReintegrar tutte le cose indarno;
      Poichè nè sopportar posson le veneCiò che d'uopo saria, nè la natura
      Ciò che d'uopo saria somministrarli.
      E già manca l'etade; e già la terraQuasi del tutto insterilita a pena
      Genera alcuni piccoli animali,
      Ella ch'un tempo generar poteoTutte le specie e smisurati corpi
      Dare alle fiere. Poi che le mortaliSpecie, così cred'io, dal ciel superno
      Per qualche fune d'òr calate al certoNon furo in terra, e 'l mar le fonti e i fiumi
      Non si creâr da lagrimanti sassi;
      Ma quel terren, che gli nutrica e pasce


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Della natura delle cose
di Tito Lucrezio Caro
Casa Editrice Sonzogno Milano
1909 pagine 330