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      Ci si fan sotto i piedi. Ond'io rapirmiA te mi sento da cotal divino
      E diletto e stupor, che la naturaSol per tuo mezzo in cotal guisa a tutti
      D'ogni parte svelata omai si mostri.
      E perchè innanzi abbiam provato a lungoQuali sian delle cose i primi semi
      E con che varie forme essi per sè
      Vadan pel vano errando, e sian commossiDa moto alterno irrequïeto e vario,
      E come possa da' lor gruppi al mondoCrearsi il tutto; omai par che dell'alma
      Dichiarar la natura e della menteNe' versi miei si debba, e 'l rio timore
      Delle squallide rive d'Acheronte
      Cacciarne affatto; il qual dall'imo fondoTurba l'umana vita e la contrista,
      E sparge il tutto di pallor di morte,
      Nè prender lascia alcun diletto intero.
      Poichè; quantunque gli uomini soventeDican che più son da temersi i morbi
      Del corpo e della vita il disonoreChe le tartaree grotte, e che ben sanno
      Che l'essenza dell'animo consisteNel sangue, e che non han bisogno alcuno
      Di mie ragioni; a te di quindi è lecitoDedur che molti per ventosa e vana
      Ambizïon di gloria ed a capriccioVan di ciò millantandosi che poi
      Non approvan per vero. Essi medesimi,
      Esuli dalla patria e dal commercioDegli uomini cacciati, e sozzi e laidi
      Per falli enormi, a tutte le disgrazieFinalmente soggetti, il viver bramano;
      E, dovunque infelici il piè rivolgano,
      Fanno esequie dolenti, e nere vittimeAi numi inferni del profondo Tartaro
      Sol per placarli in sacrifizio offriscono,
      E sempre in volto paurosi e pallidiNe' duri casi lor nelle miserie
      Alla religïon l'animo affissano.
      Ne' dubbiosi perigli è d'uopo adunque


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Della natura delle cose
di Tito Lucrezio Caro
Casa Editrice Sonzogno Milano
1909 pagine 330

   





Acheronte Tartaro