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      Ambi del rogo a noi sono architetti;
      Come di molti l'esterminio insegna.
      In somma; per qual causa, allor che l'atraVïolenza del vino ha penetrato
      Dell'uomo il corpo e per le vene interne
      È diffuso l'ardor, tosto ne segueGravezza nelle membra, il piè traballa,
      Balbutisce la lingua, ebra vaneggiaLa mente, nuotan gli occhi, e crescon tosto
      E le grida e i singhiozzi e le conteseE tutto ciò che s'appartiene a questo?
      Or perchè ciò? se non perchè la forzaVïolenta del vino entro allo stesso
      Corpo anco l'alma ha di turbar costume?
      Ma tutto quel che da cagione esternaTurbar si puote et impedir, ne mostra
      Che, s'egli fia da più molesto incontroTurbato, perirà, restando affatto
      Della futura età privo in eterno.
      Anzi: sovente innanzi agli occhi nostriVeggiamo alcun da repentino morbo
      Cader, quasi da fulmine percosso:
      Lordo ha il volto di bava, e geme e trema,
      Esce fuor di sè stesso, i nervi stende,
      E si crucia ed anela, ed incostanteDibatte e stanca in varie guise il corpo;
      Poichè del morbo la possanza alloraPer le membra distratta, agita e turba
      L'alma e spuma, qual onda in salso mare,
      Se borea il fiede impetuoso od austro,
      Gorgoglia e bolle. Il pianto indi s'esprime,
      Sol perchè punte dal dolor le membraFan che scacciati delle voci i semi
      Escon per bocca avviluppati insieme:
      Nasce il delirio poi, perchè l'internaVirtù dell'alma e della mente allora
      Si turba, e, com'io dissi, in due divisaVien sovente agitata, e quinci e quindi
      Dallo stesso velen sparsa e distratta.
      Ma, se 'l fiero accidente omai si placaE l'atro umor del già corrotto corpo


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Della natura delle cose
di Tito Lucrezio Caro
Casa Editrice Sonzogno Milano
1909 pagine 330