Dirsi di cuor l'un l'altro - È breve il fruttoDel bere, il già godemmo, e nel futuro
Forse più no 'l godrem; - quasi il maggioreMal che la tomba a questi tali apporti
Sia l'esser dalla sete arsi e consunti,
O dall'arida terra o da qualunqueAltro desio miseramente afflitti.
Ma nè la vita sua nè sè non cercaAlcun, mentre di par giace sopito
In placida quïete il corpo e l'alma:
Onde apprender ben puoi ch'a noi convieneDormir sonno perpetuo, e non ci punge
Di noi medesmi desiderio alcuno:
E pur dell'alma i primi semi alloraNon lungi per le membra errando vanno
Ai sensiferi moti, anzi si destaL'uom per sè stesso. Molto meno adunque
Creder si dee ch'appartener si possaLa morte a noi, se men del nulla è nulla:
Poichè più dissipata è nel feretroL'unïon de' principii, e mai nessuno
Svegliossi dopo che seguìo la freddaPausa della sua vita una sol volta.
Al fin; se voci la natura stessaFuor mandasse repente ed in tal guisa
Prendesse a rampognarne - E qual sì graveCausa, o sciocco mortal, ti spinge al duolo?
Perchè temi la morte, perchè piangi?
Perchè, se dolce la primiera vitaTi fu nè tutti i comodi di quella
Scórser quasi congesti in un foratoVaso, nè tutti trapassâr noiosi,
Perchè di viver sazio omai non partiDal mio convito e volentier non pigli
La sicura quïete? E, se profusoSvanì ciò che godesti e se la vita
T'offende omai, per qual cagione, o stolto,
Cerchi d'aggiunger più quel che di nuovoDee malamente dissiparsi e tutto
Perire a te noioso? e non più tostoFine alla vita ed al travaglio imponi?
Con ciò sia che oggimai nulla mi resta
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