E quasi asperso d'apollineo mèleTe 'l porgo innanzi, per veder s'io posso
In tal guisa allettar l'animo tuo;
Mentre dipinta in questi versi mieiLa natura vagheggi, e ben conosci
Quanto l'utile sia che la n'apporta.
Ma; perchè innanzi io t'ho provato a lungoQuali sian delle cose i primi semi,
E con che varie forme essi nel vanoPer sè vadano errando e sian commossi
Da moto eterno; e come possa il tuttoDi lor crearsi; e t'ho mostrato in oltre
La natura dell'animo, insegnandoCiò ch'egli siasi e di quai semi intesto
Viva insieme col corpo ed in qual modoTorni distratto ne' principii primi;
Tempo mi par di ragionarti omaiDi quel che molto in queste cose importa;
Cio è, che quelle imagini che detteSon da noi simolacri altro non siano
Che certe sottilissime membraneCh'ognor staccate dalla buccia esterna
De' corpi or qua or là volin per l'aure,
E che quelle medesime, ch'incontroCi si fanno vegliando e di spavento
Empion gli animi nostri, anco dormendoCi si paran davanti, allor che spesso
Veggiamo ignudi simolacri et ombreSì spaventose e d'ogni luce prive
Che ne destan dal sonno orribilmente;
Acciò che forse non si pensi alcunoChe del basso Acheronte uscendo l'alme
Volin tra' vivi o che rimanga intattaQualche parte di noi dopo la morte,
Quando, del corpo e della mente insiemeDissipata l'essenza, il tutto omai
Avrà ne' semi suoi fatto ritorno.
Su dunque: io dico che de' corpi ogn'oraLe tenui somiglianze e i simolacri
Vengon dal sommo lor vibrati intorno.
Questi da noi quasi membrane o bucceDebbon chiamarsi, con ciò sia che seco
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Acheronte
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