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      E non i più minuti e i più sottili.
      Son dunque al mondo i tenui simolacriE simili alle forme delle cose,
      I quai, benchè vedersi ad uno ad unoNon possan, non per tanto, agli occhi nostri
      Con urto assiduo ripercossi e spintiDal piano degli specchi, a noi visibili
      Fannosi al fin; nè par che in altra guisaDeggiano illesi conservarsi e tanto
      A qualunque figura assomigliarsi.
      Or, quanto dell'imagini l'essenzaSia tenue, ascolta. E pria, perchè i principii
      Son da' sensi dell'uom tanto remotiE minori de' corpi che i nostr'occhi
      Comincian prima a non poter vedere,
      Or non di meno, acciò che meglio proviTutto quel ch'io ragiono, ascolta, o Memmo,
      Ne' brevi detti miei quanto sottiliSian d'ogni cosa i genitali semi.
      Pria: sono al mondo sì fatti animaliChe la lor terza parte in guisa alcuna
      Veder non puossi. Or qual di questi adunqueCreder si debbe ogn'intestino? quale
      Del cuore il globo e gli occhi? e quai le membra,
      Quai le giunture? e quai dell'alma in sommaGli atomi e della mente? Or non conosci
      Quanto piccioli sian, quanto sottili?
      In oltre: ciò che dal suo corpo esalaAcuto odor, la panacea, l'assenzio
      E l'amaro centauro e 'l grave abrótano,
      Se fia mosso da te, vedrai ben tostoMolte effigie vaganti in molti modi
      Prive affatto di forze e d'ogni senso;
      Delle quai quanto sia picciola parteL'imagine, uom non è che sia bastante
      A dire altrui nè con parole possaRender di cosa tal ragione alcuna.
      Ma, perchè tu forse vagar non credaQuelle imagini sol che dalle cose
      Vengon lanciate, altre si creano ancoraPer sè medesme in questo ciel che detto


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Della natura delle cose
di Tito Lucrezio Caro
Casa Editrice Sonzogno Milano
1909 pagine 330

   





Memmo