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      Quasi al sommo dell'acque ir fluttuando.
      E, s'in tempo di notte a ciel serenoPer lo vano dell'aria il vento spinge
      Nugole trasparenti, allor ci sembraChe gli splendidi segni ai nembi incontro
      Vadano in regïon molto diversaDal loro vero viaggio. E, se la mano
      Supposta all'un degli occhi il preme ed erge,
      Doppio al senso divien ciò che si mira,
      Doppio delle lucerne il lume ardente,
      Doppio di casa ogni ornamento, e doppieDegli uomini le facce e doppi i corpi.
      Al fin, quando sepolte in dolce sonnoGiaccion tutte le membra e gode il corpo
      Una somma quïete, allor soventeParne esser desti non per tanto e moverne,
      E mirar nella cieca ombra notturnaL'aureo lume del giorno, e 'n chiuso luogo
      Cielo e mari passar fiumi e montagne,
      E con libero piè scorrer pe' campi,
      E parole ascoltar, mentre il severoSilenzio della notte il mondo ingombra,
      E risponder tacendo alle proposte.
      Et, in somma, guardando, ognor veggiamoMolt'altre cose simili, che tutte
      Cercan di vïolar quasi la fedeA ciascun sentimento ancor che indarno:
      Poichè di queste una gran parte ingannaPer la fallace opinïon dell'animo
      Che si forma da noi, mentre prendiamoPer noto quel che non è noto al senso.
      Se finalmente alcun crede che nullaNon si possa saper, questi non sa,
      Anco se la cagion possa sapersi,
      Ond'ei di nulla non saper confessa.
      Dunque il più disputar contro a costuiOpra vana saria, mentr'egli stesso
      Col suo proprio cervel corre all'indietro.
      Ma, concesso anco questo, nondimenoChiederògli di nuovo in qual maniera,
      Non avend'egli conosciuto innanzi


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Della natura delle cose
di Tito Lucrezio Caro
Casa Editrice Sonzogno Milano
1909 pagine 330