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      La causa per che tondo appaia all'occhioDa lungi quel che da vicino è quadro,
      Meglio è però, se di ragion v'è d'uopo,
      False cause assegnar che con le proprieMani trar via quel ch'è già noto e conto
      E vïolar la prima fede e tuttiScuotere i fondamenti ove la propria
      Vita e salute ogni mortale appoggia.
      Poichè non solo ogni ragione a terraCade, ma, quel ch'è peggio, anco la vita
      Tosto vien men che tu non credi ai sensi,
      Nè schivar curi i ruinosi luoghiNè l'altre cose simili che denno
      Fuggirsi e segui le contrarie ad esse.
      In van dunque ogni copia di paroleFia contro i sensi apparecchiata e pronta.
      Al fin: siccome, oprando un architettoNelle fabbriche sue torta la riga
      Falsa la squadra e zoppo l'archipenzolo,
      Mestiero è che mal fatto e sconcio in vistaCurvo, obliquo, inchinato e vacillante
      Riesca ogni edifizio e già minacciImminente caduta, anzi sorgendo
      Da bugiardi ingannevoli giudìciRuini affatto e torni eguale al suolo;
      Così d'uopo sarà ch'ogni ragione,
      Che da sensi fallaci origin ebbe,
      Cieca si stimi e mal fedele anch'ella.
      Or, come ogni altro senso il proprio obiettoSenta per sè medesmo, agevolmente
      Può capirsi da noi. Pria s'ode il suonoE s'intendon le voci allor ch'entrando
      Nell'orecchie il lor corpo agita il senso.
      Che corporea per certo anco la voceE 'l suon d'uopo è che sia, mentre bastanti
      Sono a movere il senso e risvegliarlo.
      Poichè raschian sovente ambe le fauciLe voci, e nell'uscirsene le strida
      Inaspriscon vie più l'asper'arteria:
      Con ciò sia che, sorgendo in stretto luogoTurba molto maggior, tosto che i primi


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Della natura delle cose
di Tito Lucrezio Caro
Casa Editrice Sonzogno Milano
1909 pagine 330