Gli occhi irrigare e concitar la vista:
Con ciò sia che pel raro entran del corpoE la tenue natura a mover atte
Son della mente e risvegliarne il senso.
Dunque e centauri e scille e can trifauciVeggiamo e di color ombre ed imagini
Che già morte ridusse in poca polve;
Posciachè simolacri d'ogni genere,
Parte che per sè stessi in aria nascono,
Parte che nati son da cose varie,
Per lo vano del cielo errando volano,
E di questi e di quelli a caso unitisiNuove forme sovente anco si creano.
Con ciò sia che la specie di centauroCertamente non può dal vivo origine
Aver, poichè nel mondo unqua non videsiUn simile animal: ma, se l'effigie
D'un uomo e d'un cavallo a caso incontransi,
L'apparirne un tal mostro è cosa agevole;
Già che tosto ambedue forte congiungonsiPer la natura lor ch'è sottilissima.
Tutti gli alti portenti a questo similiNel medesimo modo anco si creano:
E, lievi essendo sommamente, corronoVie più del vento del balen del fulmine,
Come già t'insegnammo. Ond'assai facileFia che in un colpo sol possa commoverne
L'animo qualsisia cedente imagine;
Già che ben sai che per natura è tenueLa mente anch'essa a maraviglia e mobile.
E che ciò ch'io ragiono altronde nascereNon possa che da quel ch'io ti rammemoro,
Ben dee ciascuno agevolmente intendere;
Mentre ogni spettro che da noi con l'animoVedesi a quel che miran gli occhi è simile,
Et in simil maniera anco si genera.
Dunque; perchè già mai veder non puossi,
Verbigrazia, un leone in altra guisaChe per l'imagin sua ch'entra negli occhi;
Quindi lice imparar che nello stesso
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