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      Tosto volga il pensier. Forse han riguardoL'effigie al voler nostro, e senza indugio
      Qual or n'aggrada, a noi vengono incontro?
      Se la terra se 'l mar se brami il cielo,
      Se i ridotti degli uomini o' convitiO' solenni apparati o le battaglie,
      Forse ad un cenno sol crea la naturaSpettri sì vari e te li pone avanti?
      Massime allor che in un medesmo luogoFissa ogni altro ha la mente ad altre cose.
      Che poi? quando legati in dolce sonnoPassar veggiamo i simolacri e movere
      Le pieghevoli membra acconciamente,
      Qual or tutti a vicenda agili e snelliCon le braccia e co' piè scherzano in danza?
      Forse nell'arte del ballare espertiVagano i simolacri, e però sanno
      Menar, dormendo noi, tresche notturne?
      O più tosto fia ver che in ogni tempoSensibil molti tempi si nascondano
      Che l'umana ragion sola comprende?
      E che quindi l'effigie apparecchiateSian tutte in tutti i tempi in tutti i luoghi?
      Tanta è la loro agilità nel moto,
      Tanta la copia! E, perchè tenui e rareSon vie più dell'imagini che gli occhi
      Fiedono, unqua mirarle acutamenteL'alma non può, se non s'affissa in loro:
      E per questo ogni specie in un balenoSfuma, se non se l'animo in tal guisa
      Apparecchia sè stesso; e ben sè stessoIn tal guisa apparecchia, e brama e spera
      Di veder ciò che segue; e 'l vede in fatto.
      Noto forse non è che gli occhi nostriSi preparano anch'essi e le pupille
      Fissano, allor che tenui cose e rareHanno preso a guardar? dunque non vedi
      Che non pôn senza questo acutamenteNulla mirare? E pur conosce ognuno
      Che, se l'animo nostro altrove è volto,


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Della natura delle cose
di Tito Lucrezio Caro
Casa Editrice Sonzogno Milano
1909 pagine 330