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      È possente a fermarlo, ancor che voliFurïoso per l'alto a piene vele,
      Pur che tosto ove dee giri il governo;
      Et un solo architetto erge tal oraSol con timpani e taglie immensi pesi.
      Or, come 'l sonno per le membra irrighiLa sicura quïete e della mente
      Sciolga ogni affanno, io con soavi carmiPiù che con molti di narrarti intendo;
      Qual più grato è de' cigni il canto umíleDel gridar che le grue fan tra le nubi
      Se i gran campi dell'aria austro conturba.
      Tu con acute orecchie e con sagaceMente m'ascolta; acciò che poi non nieghi
      Tutto quel ch'io ti dico, e non disprezziCon animo ostinato e repugnante
      La mia vera ragion pria che l'intenda.
      Pria: si genera il sonno, allor che l'almaPer le membra è distratta e fuori in parte
      Cacciata esala e in parte anco rispintaNe' penetrali suoi fugge e s'asconde;
      Con ciò sia che languisce e quasi mancaIl corpo allor. Ma non è dubbio alcuno
      Che dell'anima umana opra non sienoTutti i sensi dell'uom: dunque, se il sonno
      Ce li tiene impediti, è pur mestieroChe turbata sia l'alma e fuor dispersa.
      Ma non tutta però; chè gelo eternoDi morte ingombreriane, ove nascosta
      Dell'alma alcuna parte entro alle membraNon rimanesse in quella guisa a punto
      Che sotto a molta cenere sepoltoS'asconde il foco, onde repente il senso
      Tal possa in noi rinnovellarsi, qualePuò da sepolto ardor sorger la fiamma.
      Ma, di tal novità quai le cagioniSiano e quai cose ne conturbin l'alma
      E faccian tutto inlanguidirne il corpo,
      Brevemente dirò: tu non volereCh'io sparga intanto ogni mio detto al vento.
      Primieramente, essendo il corpo nostro


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Della natura delle cose
di Tito Lucrezio Caro
Casa Editrice Sonzogno Milano
1909 pagine 330