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      Dall'aure aeree d'ogn'intorno cinto,
      D'uopo è che sia, quanto alle parti esterne,
      Dagli stessi lor colpi urtato e pesto:
      E per questa cagion tutte le coseSon coverte da callo o da corteccia
      O da cuoio o da setole o da velliO da spine o da guscio o da conchiglie
      O peli o piume o lana o penne o squamme.
      E nell'interne ancor sedi penètraL'aere medesmo e le percuote e sferza,
      Mentre da noi si attragge e si respira.
      Onde, essendo le membra in varie guiseQuinci e quindi agitate ed arrivando
      Pe' fóri occulti le percosse a' primiElementi del corpo, a poco a poco
      Nasce a noi per lo tutto e per le partiUna quasi del senso alta ruina.
      Poichè turbansi in guisa i moti i sitiDe' principii dell'anima e del corpo,
      Che di quella una parte è fuor cacciata,
      Un'altra indietro si ritira e cela,
      Et un'altra ve n'ha cui per le membraSparsa e distratta un vicendevol moto
      Non lice esercitar, poichè naturaI meati e le vie chiuse gli tiene:
      E quindi è poi che, varïati i moti,
      Sfuma altamente e si dilegua il senso.
      E, non v'essendo allor cosa che possaQuasi regger le membra, il corpo langue,
      Caggion le braccia e le palpebre, e tostoAmbe s'inchinan le ginocchia a terra.
      È dal pasto, oltr'a ciò, creato il sonno;
      Perchè quel che fa l'aria agevolmenteFanno anco i cibi, allor che per le vene
      Vengon distribuiti. E più d'ogni altro
      È profondo il sopor che sazi e stanchiN'assal; perchè in tal caso una gran massa
      D'atomi si rimescola agitataDa soverchia fatica, e similmente
      L'anima si ritira e si nascondeIn più cupi recessi, e fuor cacciata


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Della natura delle cose
di Tito Lucrezio Caro
Casa Editrice Sonzogno Milano
1909 pagine 330