Empion di grida e di latrati il cielo,
E, qual se l'orme di nemiche fiereSi vedessero innanzi, aure frequenti
Spirano; e spesso ancor, poi che son desti,
Seguon de' cervi i simolacri vaniQuasi dati alla fuga, in fin che, scosso
Ogn'inganno primier, tornino in loro.
Ma le razze sollecite de' caniDelle mandre custodi e degli alberghi,
Quasi abbian visto di rapace lupoL'odïata presenza o di notturno
Ladro il sembiante sconosciuto, spessoS'affrettan di cacciar dagli occhi i lievi
Lor sonni incerti e di rizzarsi in piedi.
E, quanto son di più scabrosi e rozziAtomi intesti, tanto più commossi
D'uopo è che siano e tormentati in sogno.
Quindi la plebe de' minuti augelliSuol repente fuggirsi e paurosa
Turbar con l'ali a ciel notturno i boschiSagri ai rustici dèi, qual or sepolta
In piacevole sonno a tergo averePar lor di smerlo audace il rostro ingordo.
Ma che fan poi negl'improvvisi e grandiMoti gli animi umani? Essi per certo
Fan sovente gran cose. Espugnan regi,
Son presi, attaccan guerre, alzan gridandoLe voci al ciel quasi nemico acciaio
Vivi gli scanni. Altri combatte, e spargeDi pianto il suol, di gemiti e sospiri
L'aria, e, quasi pantera o tigre od orsoDigiun lo sbrani, empie di strida il tutto.
Altr'in sogno favella, e ne rivelaTal or cose importanti, e porge spesso
Degli occulti misfatti indicio aperto.
Molti da breve sonno a sonno eternoFan passaggio crudel. Molti, assaliti
Da spavento terribile improvviso,
Qual se d'alta montagna in cupa valleFosser precipitati, oppressi in guisa
Restan, che quasi mentecatti e scemi,
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