De' godimenti lor van fluttuandoIn un mar d'incertezze e stanno in forse
Di qual parte fruir gli occhi o le maniDebbiano in prima, il desïato corpo
Premon sė stretto che dolore acerboGli danno, e spesso nell'amate labbra
Lascian de' propri denti impressi i segniE ne suggon i baci avidamente;
Perch'impuro č 'l diletto, e con occultiStimoli pungentissimi gl'incita
Ad oltraggiar, che ch'egli sia, quel dessoChe d'un tanto furor produce i germi.
Ma Venere ogni pena in fra gli amoriMitiga dolcemente, e dolcemente
Frena i morsi e l'offese il piacer misto;
Poichč speran ch'un giorno anco attutarsiPossa l'incendio lor dal corpo stesso
Onde il cieco desio surse e la vampa.
Il che nega all'incontro apertamenteNatura: anzichč questa č quella sola
Cosa, di cui quanto pių l'uom possiede,
Tanto arde pių di crudel brama il petto.
Poichč 'l cibo e l'umor dentro alle membraSi piglia, e, perch'ei puote alcune parti
Certe occupar, quinci č mestier che restiDel mangiare e del ber sazio il desio:
Ma del volto leggiadro e del soaveColor dell'uomo altro non gode il corpo
Fuor che le tenui imagini volanti,
Che porta il vento d'infelice speme.
E; qual dormendo un assetato infermoCerca di liquor freddo o fonte o rio
Che 'l grave incendio delle membra estingua.
Ma cerca indarno, e de' gelati umoriFuor che le vane effigie altro non trova,
E di sete in bevendo arde nell'onde;
Tal con fallaci simolacri e spettriVenere in fra gli amor beffa gli amanti,
Che mai di vagheggiar l'amato aspettoSaziar non ponno i desïosi lumi
Nč detrar con le mani alcuna parte
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Venere
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