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      Pone ai lamenti: anzi sè stesso accusaDi solenne pazzia, chiaro veggendo
      D'aver più ad una femmina concessoChe a mortal cosa attribuir non lice.
      Nè ciò punto è nascosto alle moderneVeneri nostre, onde ogni industria ogni arte
      Usan per occultar ciò che in segretoFanno, allor che tener gran tempo avvinti
      Fra i legami d'amor braman gli amanti.
      Ma tutto in van; chè, se mirar non puossiCon gli occhi della testa, al men con quelli
      Dell'animo si mira e si contempla.
      E, se bella è di mente e se ti portaVicendevol amor, non vieteratti
      Punto il dar venia alle miserie umane.
      Nè per infinto amor sempre sospiraLa donna, allor che nelle braccia accoglie
      Dell'uomo il corpo e lo si stringe al senoE mirandolo fiso avidi baci
      Liba or dagli occhi e dalle labbra or sugge:
      Con ciò sia che di cuore il fa soventeCercando il comun gaudio, e s'affatica
      Di giunger tosto all'amorosa meta.
      Nè per altra cagione ai maschi loroSottopor si potrian gli uccelli e i greggi
      E gli armenti e le fiere e le cavalle,
      Se non perch'ardon di lussuria e tutteDi focoso desio pregne e di seme
      Van liete incontro al genital dilettoDe' lascivi mariti, et a vicenda
      Il maneggiano anch'esse. Or tu non vediForse come color, che spesso avvinti
      Furon da vicendevole piacere,
      Nella stessa prigione e fra gli stessiLacci sian tormentati? Anzi sovente
      Per le pubbliche vie sogliono i caniTentar di separarsi ed ogni sforzo
      Metter in ciò, mentre legati intantoStan con nodi venerei: il che per certo
      Far non potrian, se di scambievol gustoNon gioissero in prima ond'ingannati


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Della natura delle cose
di Tito Lucrezio Caro
Casa Editrice Sonzogno Milano
1909 pagine 330