Dalla cui mistïon sembra che 'l tuttoSi formi, ad un ad un nativo il corpo
Hanno e mortal; creder si dee che 'l mondoSia tutto anch'ei della natura stessa.
Poichè qualunque cosa ad una ad unaLe sue parti ha native ed è di forme
Caduche, esser da noi sempre si vedeNatia non pur, ma sottoposta a morte.
Onde, veggendo noi le principaliMembra del mondo riprodursi estinte,
Quindi lice imparar che in somiglianteGuisa il cielo e la terra ebbero il primo
Giorno e ch'a tempo suo l'estremo avranno.
Nè qui vorrei che tu credessi, o Memmo,
Ch'io fin or corruttibile suppostaAbbia fuor di ragion la terra e 'l foco
E l'aure aeree e il mar profondo e dettoChe questi stessi corpi anco di nuovo
Si rigeneran tutti e si fan grandi.
Pria; perchè parte della terra adustaDal sol continuo e stritolata e infranta
Dalla forza de' piè, sfuma di polveNebbie e nubi volanti, che per tutto
L'aere da' venti son disperse e sparse;
Parte ancor delle glebe a forza è dataDalle piogge alla piena e rase e róse
Son da' fiumi le rive anch'esse in parte.
In oltre; sminuito è dal suo cantoCiò ch'altri nutre: e perchè dubbio alcuno
Non v'ha che sia madre del tutto ed urnaAnco e sepolcro universal del tutto,
Rasa è dunque la terra e si rintégra.
Nel resto; ch'i torrenti i fiumi il mareAbbondin sempre d'umor nuovo, e sempre
Stillin chiaro liquor le vive fonti,
Mestier non ha d'alcuna prova: a pienoCertamente il dimostra il lungo corso
Dell'acque; E pria ciò che dall'acque in altoErgesi, e brevemente opra che nulla
Cresca il liquido umor più che non deve:
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Memmo
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