Come fama ragiona, e 'l liquor molleRegnato un'altra pel contrario e tutto
Sommerso il grembo dell'antica madre:
Che vinse il foco e molte cose alloraArdendo incenerì, ch'Eto e Piróo
Di strada usciti il temerario aurigaMal frenati da lui per ogni clima
Della terra e del ciel trassero a forza:
Ma quel che tutto può, padre e signore,
D'ira infiammato allor, con vïolentoE repentino fulmine gettollo
Dal cocchio in terra; e 'l sol fattosi incontroAl cadente garzon, tosto riprese
La gran lampa del mondo, e ricongiunseI dispersi cavalli e per l'usato
Calle gli spinse ancor lassi e tremanti,
Quindi reggendo il suo viaggio il tuttoPorse alle cose il debito ristoro:
Qual de' greci poeti anticamenteCantâr l'inclite trombe; in ciò bugiarde,
Poichè vincer può il foco ove più corpiDella materia sua dall'infinito
Sórti assalgon l'umor, quindi o le forzeDal lor contrario rintuzzate e dome
Caggiono o dall'ardenti aure abbruciateMuoion le cose. E similmente è fama
Ch'un tempo vincitor fosse a vicendaL'umor del foco, allor che i fiumi uscendo
Fuor dell'alvo natio molte sommerseroAmpie terre e città: ma poi ch'indietro
Il nemico vigor dall'infinitoSórto per qualche causa il piè ritrasse,
Fûr le piogge affrenate e in un repressoL'orgoglio e 'l corso impetüoso a' fiumi.
Ma io, come degli atomi il concorsoFondasse il cielo, il terren globo, il mare,
La luna e 'l sol, racconterotti, o Memmo.
Chè certo è ben ch'i genitali corpiCon sagace consiglio e scaltramente
Non s'allogâr per ordine, nè certoSeppe nessun di lor che moti ei desse:
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Eto Piróo Memmo
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