Cibo spesso porgean nelle foresteLe ghiandifere querce o le mature
Rubiconde corbezzole o l'agrestiPoma o le noci o l'odorose fraghe,
Che maggiori e più belle e più soaviNasceano allor della gran madre in grembo.
E molti anco, oltre a ciò, l'età fioritaDel mondo producea divi alimenti
Ampi abbastanza a' miseri mortali.
Ad estinguer la sete i fiumi i fontiInvitavan allor l'umano germe,
Com'or fan gli animai l'onde tranquilleChe d'alto caggion mormorando al chino.
Ed al fin vagabondi al ciel notturnoAbitavan que' popoli primieri
Delle Ninfe i silvestri orridi templi,
Onde liquidi uscían lubrici riviChe le grotte solean d'ogni sozzura
E dal fango lavar gli umidi sassi,
Gli umidi sassi sovra 'l verde muscoD'umor chiaro stillanti, e parte al piano,
Non capendo in sè stessi, impetuosiScendere e furibondi errar pe' campi.
Nè sapean maneggiar col foco alcunaCosa, nè con le pelli o con le spoglie
Delle fere coprian l'ignude membra;
Ma ne' boschi, negli antri e nelle selveRicovravan sè stessi o nelle cave
Grotte; e, per ischifar de' venti iratiGli assalti e delle piogge, il sozzo e squallido
Corpo asconder solean tra gli arboscelli.
Nè poteano aver l'occhio al comun bene,
Nè fra loro introdur riti o costumi,
Nè formar nè servar leggi e statuti.
Quel ch'offerto dal caso o dalla sorteDella preda venía, quel desso a punto
Prendea ciascuno, ammaestrato e dottoAd esser per sè stesso a sè bastante
Et a viver contento. Inculta e rozzaVenere congiungea per le foreste
I corpi degli amanti: all'uomo in braccioOgni donna poneasi o da focoso
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Ninfe
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