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      Intorno empiea di gemiti e di stridaLa selvosa foresta in viva tomba
      Seppellir vive viscere veggendo;
      E se ben chi trovava alcuno scampo,
      Tenendo poi sul già corroso e guastoCorpo e su le maligne ulcere tetre
      Le man tremanti, in voce orrenda e fieraSolea chiamar la morte, in fin che spento
      Da sozzi ingordi vermini crudeliFosse di vita ignudo affatto e casso
      D'aiuto e di consiglio ed ignoranteDi ciò che giovi alle ferite o noccia;
      Non però mille e mille schiere anciseVedeansi in un sol giorno orribilmente
      Tinger di sangue i mari e d'ogn'intornoLa terra seminar d'ossa insepolte;
      Nè dell'ampio ocean l'onde orgoglioseFean le navi in un punto e i naviganti
      Naufragar fra le sirti e fra gli scogli;
      Chè folle il mar di tempestosi fluttiArmato indarno incrudeliasi e folle
      Spesso a' venti spargea minacce indarno,
      Nè potean le lusinghe allettatriciDella placida sua calma incostante
      Invitar con inganno i legni all'onde:
      Cieca allor si giacea la scelerataArte del fabbricar fuste e galee
      E navi d'ogni sorte. Allor soventeLa scarsezza del vitto a' corpi infermi
      Togliea la vita; or pel contrario spessoL'abbondanza de' cibi altrui sommerge:
      Quegli incauti il velen porgean tal oraPer sè stessi a sè stessi; or più sagaci
      Questi e più scaltri a' lor nemici il danno.
      Ma; poi ch'a fabbricar case e capanneSi diero e ad abitarle, e che l'ignude
      Membra vestîr d'irsute pelli e 'l focoMessero in uso, e ch'un sol tetto accolse
      Con la moglie il marito e note al mondoFur del privato amor le caste nozze,
      E che nascer di sè non dubbia prole


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Della natura delle cose
di Tito Lucrezio Caro
Casa Editrice Sonzogno Milano
1909 pagine 330