In casa del padrone urla et abbaiaO se fugge piangendo umile e chino
Della rigida sferza i duri colpi.
In somma: non ti par ch'assai diversoDir si deggia il nitrir delle cavalle,
Quando nel fior dell'età sua trafittoIl destrier dagli stimuli pungenti
Del dio pennuto incrudelisce e sbuffaE feroce e superbo armi armi freme,
Da quando ei tra la greggia errando scioltoScuote i membri e nitrisce? E, finalmente
I vari germi degli alati augelli,
Gli sparvieri e gli astor, l'aquile e i merghiChe del mar sotto l'onde e vitto e vita
Cercan, voci assai varie in vari tempiFormano e se fra lor pe 'l cibo han guerra
E combatton la preda: ed anco in parteMutan con le stagioni il rauco canto;
Qual fanno i corvi e le cornacchie annose,
Qual or, se vera è la volgar credenza,
Chiaman l'acqua e le piogge o i venti o l'aure.
Dunque; se gli animali, ancor che muti,
Spinti da vari sensi ebbero in sorteDi formar varie voci e vari suoni;
Quanto è più ragionevole che l'uomoPotesse allor con altri nomi ed altri,
Altre ed altre appellar cose difformi?
Acciò poi che tu sappia in qual manieraEbber gli uomini il fuoco; il fulmin prima
Portollo in terra, indi ogni ardor si sparse:
Poichè molte veggiam cose incitateDalle fiamme del ciel ardere intorno
Là 've caldi vapori erran per l'aure.
E pur; se vacillante, allor che 'l fieroSoffio di borea impetuoso o d'austro
Scuote e squassa le selve e i rami, appoggiaD'antica pianta antica pianta ai rami;
Spesso avvien ch'eccitata e fuori espressaDal fregar vïolento al fin s'accende
Fiamma che sfavillando alluma il bosco,
| |
|