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      Mentre tronco con tronco in varie guiseS'urta a vicenda e si consuma e stritola.
      Il che dar similmente a noi mortaliPoteo le fiamme. A cuocer quindi il cibo
      Co' suoi caldi vapori ed ammollirloL'aureo sol n'insegnò; poichè percosse
      Molte da' vivi suoi raggi lucentiCose vedean per le campagne apriche
      Deporre ogni acerbezza e maturarsi.
      Onde quei che più scaltri eran d'ingegnoMostrâr con cibi nuovi in nuovi modi
      Cotti e conditi, ogni dì più inventandone,
      Come l'antico vitto e la primieraVita aspra e rozza in delicata e molle
      Già mutar si potesse. I regi intantoCominciaro a fondar cittadi e rôcche
      Per lor rifugio; indi gli armenti e i campiDivisero, e secondo il proprio merto
      Di beltà, di valor, d'ingegno e d'arteGli assegnaro a ciascun; chè molto allora
      La bellezza era in pregio, e valea moltoLa forza. Il mio e 'l tuo quind'inventossi;
      E l'oro si trovò; che facilmenteA' più vaghi di faccia a' più robusti
      Di membra ogni onor tolse, e gli uni e gli altriSottomesse a' più ricchi ancor ch'indegni.
      Che se regger sua vita altri bramasseCon prudenza e con senno, è gran tesoro
      Per l'uomo il viver parco allegramente;
      Chè penuria già mai non fu del pocoIn luogo alcun. Ma desïâr gli sciocchi
      D'esser chiari e potenti, acciò ben fermaFosse la lor fortuna a stabil base
      Quasi appoggiata, e per poter mai sempreFacultosi menar placida vita:
      In van, poichè, salir tentando al sommoGrado ed onor, tutto di spine e bronchi
      Trovâr pieno il vïaggio; ove al fin giunti,
      Spesso dal sommo ciel nell'imo abissoL'invidia, quasi fulmine, gettolli


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Della natura delle cose
di Tito Lucrezio Caro
Casa Editrice Sonzogno Milano
1909 pagine 330