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      I nobil fasci e le crudeli scuri.
      Al fin: quando la terra orribilmenteSotto i piè ne vacilla e scosse al suolo
      Caggiono o stanno di cadere in forseAmpie terre e città; qual meraviglia
      È, se gli uomini allor cura non hanno,
      Qual si dovria, di lor medesmi, e soloAmpia danno agli dèi forza e miranda
      Che freni e volga a suo talento il tutto?
      Nel resto: il rame poi l'argento e l'oroTrovati e 'l duro ferro e 'l molle piombo
      Furo, allor che su' monti arse le selveFiamma, o da nube ardente ivi lanciata,
      O da provida man per le foresteOv'allor combatteasi in guerra accesa
      Per terror de' nemici, o perch'indóttiDalla fertilità d'alcun terreno
      Scoprir grasse campagne e paschi erbosiVoleano o ancider fere ed arricchirsi
      Di preda; con ciò sia che molto primaNacque il cacciar col fuoco e con le fosse,
      Che il cinger con le reti e con le stridaE co' bracchi e co' veltri e co' mastini
      Destar le selve. Or; che che sia di questo,
      Per qualunque cagion la fiamma edaceFin dall'ime radici in suon tremendo
      Divorasse le selve e il suolo ardesse;
      Dalle fervide vene entro i più caviLuoghi del monte un convenevol rio
      Scorrea di puro argento e di fin oroE di piombo e di rame; ove rappreso
      Poscia intorno splendea d'un vivo e chiaroLume e d'un liscio e nitido lepore.
      Dalla cui dolce vista affascinatiGli uomini il si prendean; quindi, veggendo
      Ch'egli in sè ritenea la forma stessaCh'avean le cave pozze onde fu tratto,
      Tosto allor s'accorgean che trasformarsiLiquefatto dal fuoco in ogni forma
      Potea di cose e, quanto altrui piacesse,


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Della natura delle cose
di Tito Lucrezio Caro
Casa Editrice Sonzogno Milano
1909 pagine 330