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      Può di vario lepor tutto distintoCiò che di dolci intramezzati pomi
      Ornan gl'industri agricoltori e cintoTengon intorno di felici arbusti.
      In oltre: il contraffar le molli vociDegli augei con la bocca innanzi molto
      Fu ch'in musiche note altri potesseSnodar la lingua al canto e dilettarne
      L'orecchie. E pria gli zeffiri spirandoPer lo vano da' calami palustri
      Insegnâr co' lor sibili a dar fiatoAlle rustiche avene. Indi impararo
      Gli uomini a poco a poco i dolci piantiChe sparger, tocca da maestra mano,
      La piva suol, che per le selve e i boschiTrovossi e per l'antiche erme foreste,
      Alberghi de' pastori, e tra' feliciOzi divini. In cotal guisa adunque
      Trae fuor l'etade a poco a poco ogni arteDal buio in cui si giacque, e la ragione
      L'espon del giorno al lume. Or con sì fatteCose addolcir solean le prime genti
      L'animo, allor che sazio aveano il corpoDi cibo; poi ch'allor sì fatte cose
      Tutte in grado ne son. Dunque, prostratiNon lungi al dolce mormorar d'un rio
      Fra molli erbette, i pastorelli, all'ombraDi salvatiche piante, il proprio corpo
      Tenean col poco in allegrezza e in festa:
      Massime allor che la stagion ridenteDell'anno il prato cospergea di fiori.
      Allora in uso eran gli scherzi, alloraLe facete parole, allora il dolce
      Sganasciarsi di risa: allor festanteL'amorosa lascivia incoronava
      Le spalle e 'l capo con ghirlande intesteDi fior novelli e di novelle frondi,
      Invitando a ballar quel popol rozzoGoffamente e senz'arte et a ferire
      Con dolci salti alla gran madre il dorso;
      Onde nascer solean dolci cachinni,


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Della natura delle cose
di Tito Lucrezio Caro
Casa Editrice Sonzogno Milano
1909 pagine 330