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      Acciar percossa, un chiaro lume intornoSparge e vive di fuoco auree scintille.
      Ma, pria ch'a' nostri orecchi arrivi il tuono,
      Veggon gli occhi il balen; perchè più tardoMoto han sempre i principii atti a commoverne
      L'udito che la vista. Il che ben puossiQuindi ancora imparar; che, se da lungi
      Vedi con dubbio ferro un tronco bustoSpezzar d'albero annoso, il colpo miri
      Pria che 'l suon tu ne senta: or nello stessoModo agli occhi eziandio giunge il baleno
      Pria che 'l tuono all'orecchie, ancor che 'l tuonoSia vibrato col folgore e con lui
      D'una causa prodotto e d'un concorso.
      Spesso avvien ch'in tal guisa ancor si tingaD'un lume velocissimo e risplenda
      D'un tremulo fulgor l'atra tempesta.
      Tosto che 'l vento alcuna nube assalseE, quivi in giro vòlto, il cavo seno,
      Qual sopra io ti dicea, n'addensa e stringe;
      Ferve per la sua mobile natura;
      Come tutte scaldate arder le coseVeggiam nel moto, ond'anco il lungo corso
      Strugge i globi girevoli del piombo.
      Tal dunque acceso il vento, allor ch'in mezzoSquarcia l'opaca nube, indi repente
      Molti semi d'ardor quasi per forzaSpressi disperge, i quai di fiamma intorno
      Vibran fulgidi lampi: or quinci il tuonoNasce, il qual vie più tardo il senso muove
      Di qualunque splendor ch'arrivi all'occhio:
      Chè ciò tra folte e dense nubi avvieneE in un profondamente altre sopr'altre
      Con prestezza ammirabile ammassate.
      Nè t'inganni il veder che l'uom da terraPuò vie meglio osservar per quanto spazio
      Si distendan le nuvole che quantoSalgano ammonticate in verso il cielo.
      Poichè; se tu le miri allor che i venti


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Della natura delle cose
di Tito Lucrezio Caro
Casa Editrice Sonzogno Milano
1909 pagine 330