Come quando per l'ossa un freddo geloMal nostro grado ne commuove e sforza
A tremare e riscuoterci. Con dubbioTerror dunque paventa il folle volgo
Per le città: teme di sopra i tetti;
Di sotto, che natura apra repenteLe terrestri caverne, e l'ampia gola
Distratta spanda e in un confusa e mistaDelle proprie ruine empier la voglia.
Quindi; ancor che si creda essere eternaLa terra e 'l ciel; più non di men commosso
Da sì grave periglio, avvien tal oraCh'ei non so da qual parte un tale occulto
Stimolo tragga di paura, ond'egliVien costretto a temer che sotto i piedi
Non gli manchi la terra e voli rattaPel vano immenso e già sossopra il tutto
Si volga e caggia a precipizio il mondo.
Or cantar ne convien perchè non crescaIl mare. E pria molto stupisce il volgo
Che maggior la natura unqua no 'l renda,
Ove scorron tant'acque, u' d'ogn'intornoScende ogni fiume. Aggiunger dèi le piogge
Vaganti e le volubili tempeste,
Che tutto il mar tutta irrigar la terraSogliono; aggiunger puoi le fonti: e pure
Fia 'l tutto a gran fatica appo l'immensoPelago in aggrandirlo una sol goccia.
Stupor dunque non è che 'l mar non cresca.
In oltre: di continuo il sol ne radeGran parte. Chè asciugar l'umide vesti
Con gli ardenti suoi raggi il sol si scorge:
Ma di pelago stese in ogni climaVegghiam campagne smisurate: e quindi,
Ben che da ciascun luogo il sol delibiD'umor quanto vuoi poco, in sì gran tratto
Forz'è pur ch'ampiamente involi all'onde.
Arrogi a ciò, ch'una gran parte i ventiPonno in alto levarne, allor che l'onda
Sferzan del mar; poichè ben spesso in una
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