E per lo graveCastoreo addormentata il capo inchina
La donna sopra gli omeri e non senteChe 'l suo bel lavorio di man le cade,
S'il fiuta allor che de' suoi mestrui abbonda.
E molte anco oltr'a ciò cose possentiTrovansi a rilassar ne' corpi umani
L'illanguidite membra e nelle proprieSedi interne a turbar l'animo e l'alma.
Al fin: se tu ne' fervidi lavacriEntrerai ben satollo e trattenerti
Vorrai nel soglio del liquor bollente,
Quanto agevol sarà ch'al vaso in mezzoTu caggia! E de' carbon l'alito grave
E l'acuta virtù quanto penétraFacilmente al cervel! se pria bevuto
Non abbiam d'acqua un sorso, o se le freddeMembra innanzi non copre il fido servo,
O se da' penetrabili suoi dardiCon grato odor non ne difende il vino.
E non vedi tu ancor che nella stessaTerra il solfo si genera, e che il tetro
Puzzolente bitume ivi s'accoglie?
Al fin: dove d'argento e d'òr le veneSeguon, cercando dell'antica madre
Con curvo ferro il più riposto grembo;
Forse quai spiri allor puzzi maligniLa sotterranea cava, e che gran danno
Faccian col tetro odor gli aurei metalli,
Quai degli uomini i vólti e qua' de' vóltiRendan tosto i color, non vedi? o forse
Non senti in quanto picciolo intervalloSoglion tutti perir quei che dannati
Sono a forza a tal opra? Egli è mestieroDunque, che tai bollori agiti e volga
In sè la terra, e fuor gli spiri e spargaPer gli aperti del ciel campi patenti.
Tal dênno anco agli augelli i luoghi averniTramandar la mortifera possanza,
Che spirando dal suol nell'aure molliSorge e 'l ciel di sè stessa infetto rende
| |
|