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      Ogni industria porrai; non, se lavarlaVoglia con tutte l'acque il mar profondo.
      Al fin; con un tal glutine s'unisceL'argento all'oro, e con lo stagno il rame
      Si salda al rame. E quante omai ne liceAltre cose trovar di questa sorta!
      Che dunque? Nè tu d'uopo hai di sì lunghiRivolgimenti di parole, ed io
      Perdo qui troppo tempo: onde sol resta,
      Memmo, che tu dal poco apprenda il molto.
      Quei corpi, ch'a vicenda han le testureTai che 'l cavo dell'uno al pien dell'altro
      S'adatti insieme, uniti ottimamenteStanno: ed anco esser può ch'abbian alcuni
      Altri principii lor, quasi in anelliPercurvi a foggia d'ami; e quindi accaggia
      Ch'e' s'avvinchin l'un l'altro: il che succedereDêe, più ch'a nulla, a questa pietra e al ferro.
      Or; qual sia la cagion che i fieri morbiReca, e d'onde repente a pena insorto
      Possa il cieco velen d'orrida pesteStrage tanto mortifera all'umano
      Germe inspirar, non ch'agli armenti e a' greggi,
      Brevemente dirotti. In prima adunqueSai che già t'insegnammo esser vitali
      All'uom molti principii ed anco moltiMorbi a noi molti cagionarne e morte.
      Questi, poi che volando a caso insortiForte il ciel conturbâr, rendono infetto
      L'aere: e quindi vien poi tutto il velenoDel morbo e del contagio; o per di fuori,
      Come vengon le nuvole e le nebbiePel ciel cacciate dal soffiar de' venti;
      O dalla stessa terra umida e marciaPer piogge e soli intempestivi insorto
      Spira e vola per l'aria e la corrompe.
      Forse non vedi ancor tosto infermarsiPer novità di clima e d'aria e d'acqua
      Chi di lontan paese ove già visse


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Della natura delle cose
di Tito Lucrezio Caro
Casa Editrice Sonzogno Milano
1909 pagine 330