Si vada e muti cielo, o se un corrottoAere spontaneamente a noi d'altronde
Se n' voli o qualche grave e inconsuetoSpirto che nel venir generi il morbo.
Una tal causa di contagio un taleMortifero bollor già le campagne
Ne' cecropi confin rese funeste,
Fe' diserte le vie, di cittadiniSpopolò la città. Poichè, venendo
Da' confin dell'Egitto ond'ebbe il primoOrigin suo, molto di cielo e molto
Valicato di mar, le genti al fineDi Pandïone assalse. Indi appestati
Tutti a schiere morían. PrimieramenteEssi avean d'un fervore acre infiammata
La testa e gli occhi rosseggianti e sparsiDi sanguinosa luce. Entro le fauci
Colavan marcia; e da maligne e tetreUlcere intorno assediato e chiuso
Era il varco alla voce; e degli umaniSensi e segreti interprete la lingua
D'atro sangue piovea, debilitataDal male, al moto grave, aspra a toccarsi.
Indi, poi che 'l mortifero velenoSceso era al petto per le fauci e giunto
All'affannato cuor, tutti i vitaliClaustri allor vacillavano. Un orrendo
Puzzo volgea fuor per la bocca il fiato,
Similissimo a quel che spira intornoDa' corrotti cadaveri. Già tutte
Languian dell'alma e della mente affattoL'abbattute potenze, e su la stessa
Soglia omai della morte il corpo infermoLanguiva anch'egli. Un'ansïosa angoscia
Del male intollerabile compagnaEra: e misto col fremito un lamento
Continuo e spesso un singhiozzar dirotto,
Notte e dì, senza requie, a ritirarsiSforzando i nervi e le convulse membra,
Sciogliea dal corpo i travagliati spirti,
Noia a noia aggiugnendo e duolo a duolo.
Nè di soverchio ardor fervide alcuno
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Egitto Pandïone
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