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      PrincipalmenteSteso in mezzo alle vie de' fidi cani
      L'abbattuto vigor l'egra e dolenteAlma vi deponea; poichč 'l veleno
      Contagioso del mal toglieali a forzaDalle membra la vita. Erano a gara
      Rapiti i vasti funerali e senzaL'usate pompe. Alcun rimedio certo
      Pių comun non v'avea. Quel ch'ad alcunoDiede il volgersi in petto il vital spirto
      Dell'aria e 'l vagheggiar del cielo i templi,
      Ruina ad altri apparecchiava e morte.
      Fra tanti e sė gran mali era il peggioreD'ogni altro e 'l pių crudele e miserando,
      Ch'a pena il morbo gli assalía che tutti,
      Quasi a morte dannati e privi affattoD'ogni speranza, sbigottiti e mesti
      Giaceansi; e, con pietoso occhio guardandoDegli altri i funerali, anch'essi in breve
      Senz'aiuto aspettar nel luogo stessoGiaceansi. E questo sol pių che null'altro
      Strage a strage aggiungea; chč 'l rio velenoDell'ingordo malor sempre acquistava
      Nuove forze dagli egri, e sempre quindiNuova gente assalía. Poichč; chiunque;
      Troppo di viver desïoso e troppoTimido di morir fuggia gl'infermi,
      Di visitar negando i suoi pių cariAmici, anzi sovente, empio, aborrendo
      La madre il padre la consorte i figli;
      Con morte infame, abbandonati e priviD'ogni umano argomento, il fio dovuto
      Pagavan poi di sė gran fallo, e quasiBestie a torme morian per poca cura.
      Ma chi pronto accorrea per aiutarliPeriva o di contagio o di soverchia
      Fatica, a cui di sottoporsi astrettoEra dalla vergogna e dalle voci
      Lusinghiere degli egri e di lamentiQueruli miste. Di tal morte adunque
      Morian tutti i migliori. E, contrastandoDi seppellir negli altrui luoghi i propri


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Della natura delle cose
di Tito Lucrezio Caro
Casa Editrice Sonzogno Milano
1909 pagine 330