Spesso nuove io mi serva, a ciò costretto.
Sì dalla lingua mia che della grecaVie più scarsa è di voci e sì da quelle
Cose ch'io spiegar tento e che null'altroSpiegò già mai nell'idïoma nostro.
v. 192.
Aprire innanzi . . . . . . . . . . .
v. 195.
Scuoter bisogna . . . . . . . . . . .
v. 215.
Non avrian di mestier: da tutte ognunaNascer potrebbe; e sorgere vedremmo
Uomini ed animai dal sen dell'acque,
Dal grembo della terra augelli e pesciE dal vano dell'aria armenti e greggi
Con parto incerto: abiterian le belveTutte indistintamente e per l'amene
Campagne e per l'inculte erme forestev. 262.
Da certo seme e la sua specie intantoPropugnando conserva: onde ben puossi
Chiaramente dedur che dalla propriaMateria ha cibo e divien grande il tutto.
v. 268.
Se ne' debiti tempi a fecondarlaNon cadesse la pioggia, e gli animali
Propagar non potrian privi di cibov. 344-45.
Che forza le percuota atta a disciorle.
v. 349.
Alla gran madre Terra in grembo versav. 351.
Ma sorgon quindi le lucenti biade,
Ne verdeggiano gli alberi e crescendoGravano i rami lor di dolci frutti.
v. 376.
Ascolta in oltre, ed a quei corpi attendiChe tu medesmo a confessar costretto
Sei che pur son, ben che non puoi vedergli.
v. 386.
Tal or le selve annose in su gli eccelsiMonti con soffio impetuoso svelle;
Tal con fiero e crudel mormore insortov. 395.
L'acqua d'alto cader . . . . . .
v. 414.
Nè i fervidi bollor nè i freddi pigriMirar si pòn nè le sonore voci;
E pur forz'è, che di tai cose ognunaCorporea sia, poichè commuove il senso
v. 437.
Consumate che son, ma di potere
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Terra
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