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      Scorger quai d'ora in or minime partiSe ne vadan staccando invidïosa
      La natura ne toglie. Al fin pupillaNon v' ha che scorga, ancor che fissa, i corpi
      Che il tempo e la natura a poco a pocoDanno alle cose che da lor costrette
      A crescer son con certo modo e legge.
      Nè quei che d'or in or perde chiunqueLangue per macie o per età vien meno,
      Ne quei che rode con l'edace saleDi giorno in giorno il mar dai duri scogli.
      N'è chiaro dunque pur che la naturaCon invisibil corpo opera il tutto.
      v. 450.
      . . . . . . . ti fia; perchè tu meglio .intendaCiò ch'io ragiono, e senza dubbi, e senza
      Sempre errando cercar quai le cagioniSian delle cose, interamente creda
      Alle parole . . . . . . . . . . .
      v. 454.
      È dunque il vôto un intangibil spazioIn cui corpo non è; perchè, se tale
      Non fosse, non potriansi in alcun modoMover le cose; già che a tutte in pronto
      Saria sempre l'officio che de' corpi
      È proprio, e questo è il contrastare al motoDe' corpi e l'impedirlo: ir dunque innanzi
      Nulla al certo potria, mentre di cedereNon darebbe il principio alcuna cosa.
      v. 469
      . . . . . . . . . . . . . .molte cose agli occhiPaian solide in tutto, elle pur sono
      Di porosa sostanza. Indi dell'acquaScorre il liquido umor per le spelonche.
      v. 536 (è aggiunto).
      Che sia cagion de' movimenti loro.
      v. 663.
      . . . . . . . . .provar che sia celatoPer entro alcuna cosa il vôto spazio,
      Se per già noto io non suppongo ancorav. 824.
      Perchè, essendo di fragile natura,
      Discord'egli è che sian rimasti illesiDopo un eterno tempo di percosse.
      v. 906.
      . . . . . . .che da lui . . . . . . . . . .


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Della natura delle cose
di Tito Lucrezio Caro
Casa Editrice Sonzogno Milano
1909 pagine 330