Elpinice, sorella di Cimone, si lasciava dipingere da Polignoto, nel Pecile, o portico vario d'Atene, e andava altera, s'altri dicesse che la mano che l'aveva ritratta l'aveva anche accarezzata. Le belle italiane del secolo decimosesto erano sommamente vaghe di vedere adombrate le loro sembianze nei dipinti de' gran, maestri ne' libri de' retori. E quando pure una sola parte di loro avesse ad essere illustrata coi colori o con la parola, consentivano all'amputazione della bellezza, cedendo i capelli, o il labbro, od altro ad una imagine esemplare, che poi crediamo, per singolare astrazione, non rimirassero che in quello che avea di loro, quasi il capolavoro ignoto di Balzac, di cui non restava intatto che il pič divino, fondamento alla fantasia per ricreare la meravigliosa figura.,
Il Firenzuola, e il Luigini da Udine facevano cosė lo Zeusi, e componevano la Bella Donna delle pių belle parti di signore, che nominavano e celebravano. Quella parte diveniva come loro, e forse era la breccia per onde entravano nella rocca.
Il Luigino, ad essere pių libero con le sue modelle, finse un sogno, dove alcuni gentiluomini, non bene paghi delle esterne bellezze, s'internano altresė nelle occulte. La sua mente dalle vaghezze naturali trapassa ai poeti, quasi pittore che in una galleria pingesse un'Elena, e girasse l'occhio ora alle leggiadre donne, che s'ignudan per lui, ora ai ritratti della femminile bellezza che quivi splendono degli ottimi artefici. Egli ammirava Trivia ora nel sereno del cielo, ora nello specchio della notturna onda.
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