... poi mise in silenzioQuelle labbra rosate insin ch'io dissi.
Altri, come Ovidio, le stesse labbra, o pur le gote hanno paragonate al porfido; ma insomma non vi è differenza nel colore, ch'egli è tale nel porfido quale ne' rubini e nelle rose. Ora è da vedere quali devono essere i denti di questa bellissima donna, della quale se nel parlar mio vi pare ch'io troppo mi affretti stasera per ispedirmene, iscusimi appo voi il non essere naturalmente io lungo e tedioso nel mio, ragionare; iscusimi il signor Dottore, che ha favellato lungamente e il signor Vinciguerra, benchè l'uno e l'altro divinamente, iscusimi l'ora tarda, e vicina oggimai di posarsi.
Queste quattro parole traposte nel suo ragionamento seguì poi il signor Pietro:
- Il Petrarca, nel sonetto Onde tolse amor l'oro, e in quello Non pur quell'una bella, e in quell'altro, Quel sempre acerbo; l'Ariosto, nelle bellezze d'Alcina, il Sannazzaro in quelle di Amaranta, e parecchi altri scrittori, che, per esser breve, qui non allego, vogliono e sommamente lodano in una donna denti simili a perle. Denti simili a perle essere stati que' della sua ci mostra il Bembo nel sonetto, Crin d'oro, denti d'avorio commenda l'antidetto Petrarca nel dialogo ch'ei fa della rara bellezza del corpo; gli commenda nella sua Diva messer Ercole Strozza nel secondo de' suoi Amori; gli commenda messer Ortensio Lando nella gentilissima boccuccia del morto pidocchio di frate Puccio.
Queste parole mandate fuori così, ridendo alquanto e sogghignando, dal signor Pietro fecero sì, che di noi non fu pur uno che non ridesse e sogghignasse insieme con esso lui, il quale poi così riprese a dire:
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Ovidio Dottore Vinciguerra Pietro Petrarca Ariosto Alcina Sannazzaro Amaranta Bembo Crin Petrarca Diva Ercole Strozza Amori Ortensio Lando Puccio Pietro
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