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      Ma so ben io quel che è. Nei falli nostri noi siamo l'uccel di Minerva, e negli altrui veramente quel di Giove. Laonde con gran giudicio Prometeo, avendo formato l'uomo, gli attaccò in spalle due bisaccie, delle quali quella di dietro figurata per la nostra era piena di delitti, e quella d'innanzi figurata per l'altrui era scema, e vota di loro.
      A tali parole il signor Giacomo levando:
      - Eccellente Dottore, disse, poichè la mia semplicità impetrarmi grazia e perdono appo voi non ha potuto, e che mi avete pure voluto mordere e trafiggere, io (cosa che non avete fatto voi, e che è pure di magnanimo, come potevate imparare dal gran Giulio Cesare, il quale di nulla scordar si solea, salvo che delle ingiurie fatteli) qui lo vi perdono, e non voglio gareggiar con esso voi, di cui la disgrazia mi sarebbe tanto discara quanto saprei dire il più. Ma sono ben certo che se vostra eccellenza avesse saputo l'amore ch'io le porto, ella mi avrebbe iscusato, e si saria temperata in ogni modo nel parlare ch'essa mi ha usato. Ma ritornando alla donna nostra, dico ch'io era poco fa, se di memoria non pecco, occupato nella qualità delle poppe, e avendovi io divisato quali elleno debbono essere in lei, convenevole cosa sarà per mio parere ch'io mi volga ora alle spalle e alla schiena. Quelle all'uomo, ove larghe e spaziose egli le viene ad avere, essere dicevoli ce lo scopre al secondo della Eneide sotto la persona di Enea il gran Virgilio; e benchè io non abbia autore per la donna, nondimeno, se in ella fossero tali, io non le direi nè le appellerei brutte, e massimamente se io le vedessi terse e belle, e dritte appresso, come voglio ch'elle sieno, e ch'elle vi si trovino.


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Il libro della bella donna
di Federico Luigini da Udine
L'Aristocratica Editrice Milano
1925 pagine 114

   





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