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      Ma stia ella e il volgo nel suo parere, ch'io starò nel mio volentieri. Alle colonne d'alabastro, sulle quali tutto quello di che ho parlato, quasi un bellissimo edificio si siede, e stassi, io dico le belle coscie, ora è da volgere il parlar mio, delle quali che dovrò dir io alla presenza delle signorie vostre? Veramente e' mi pare meglio, come di Cartagine disse lo istorico, tacere di loro che dirne poco; pure non mi rimarrò per ciò che io non dica, che elle debbono essere morbidette, lascive, tremanti e piene di tutto quel bello che in somma e perfetta bellezza le ponno ridurre, e tali alla fine che vi si possa pensare, non dalle mani di Fidia o di Lisippo famosissimi scultori, ma da quelle della Natura solo, in ciò vieppiù dotta di alcun di loro quando ella vuole, essere state fatte e uscite.
      Fermossi qui alquanto il signor Giacomo, poscia disciolse di nuovo la lingua in queste parole:
      Già s'incomincia a vedere la meta dove io ho da arrivare correndo, alla quale poichè io pur sono vicino, egli non bisogna cessare dal corso, ma piuttosto affrettarmi più. Il perchè dico che le gambe, alle quali così partitamente ragionando mi trovo d'esser giunto, denno trovarsi in quella guisa formate in questa donna, nella quale vi si vede una marmorea colonna, cioè rotonde in lungo e non altramente; così ,Orazio la vuole in una donna nel secondo de' suoi carmi, il quale non pare che in un bel fanciullo le rifiuti là nell'Epodo ancora. Se così vi si vedranno, appariranno anzi molli, delicate e succose che no, e conseguentemente belle e riguardevoli.


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Il libro della bella donna
di Federico Luigini da Udine
L'Aristocratica Editrice Milano
1925 pagine 114

   





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