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      Chiunque considera queste due opinioni tanto diverse, e lontana l'una dall'altra, trova alla fine che nè quelli nè questi hanno il suo intento. Perciocchè quelli quantunque dicano l'anima sola esser l'uomo, pure il corpo è non so che, poi che ve la rinchiudono dentro, e senza non possono fare. Questi parimenti mi pare che s'avviluppano il cervello e si contradicono, perciocchè volendo eglino che il corpo solo solo sia l'uomo, ma non però s'egli non ha l'anima in sè, egli è di necessario pure che l'anima sia qualche cosa anzi che no.
      Platone, come recita ancor nell'Idea del teatro suo messer Giulio Camillo, induce Socrate nel dialogo intitolato Primo Alcibiade, ammettere la prima opinione. Perciocchè, dice il Camillo, siccome la testa che portiamo non è noi, ma cosa usata da noi, così il corpo, ancor che sia portato da noi non è noi, ma cosa usata da noi. Le quali parole ci danno ad intendere, che Socrate appresso Platone si faceva un poco meglio intendere, e voleva veramente che l'anima sola, o giunta o non giunta al corpo, fosse l'uomo. Poi che il Camillo paragona il corpo alle vesti, delle quali benchè l'uomo sia, privo e senza, nondimeno egli è pur quell'uomo che è con esse, e in esse.
      Quinci è che il detto Platone, (il quale inducendo a parlare così Socrate suo maestro, non poteva aver per giudicio d'ognuno altro parere) usava di dire che non era l'uomo quello che si poteva mostrare col dito. Quinci è che Seneca chiamava il corpo casa dell'uomo. Laonde credo che uscisse perciò quel motto contro Galba imperatore gobbo, Galba non abita bene.


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Il libro della bella donna
di Federico Luigini da Udine
L'Aristocratica Editrice Milano
1925 pagine 114

   





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