Quinci è che Cicerone nel sogno del minore Scipione (il che toccò nella sua Africa il Petrarca, e in uno de' suoi dialoghi) volle che fosse il corpo quasi una rocca o torre, alla cui guardia stesse l'uomo. Nè ciò spiacque all'acuto Landino alla vigesimaquarta ode di Orazio. Quinci e che or ricetto, or gonna, or prigione, or velo, ora spoglia nel Petrarca e nel Bembo è chiamato il corpo. Quinci è finalmente che il santo e afflitto Giobbe diceva al Signore: Di pelle e di carne tu mi hai vestito, e d'ossa e nervi mi hai composto e fabbricato. Della seconda opinione parmi coloro essere stati fautori, che han detto che il corpo è solo nostro, e che con noi nasce e muore: e l'anima poi generale sì, che le più volte trapassi in altri corpi, e però non nostra.
Ma noi vegnamo, da che la vera definizione stacci ancora ascosa, a definire veramente l'uomo come si dee.
Dico adunque che nè l'anima sola, nè il corpo solo, ma l'uno e l'altro vengono a definire l'uomo, e crediamo fermamente che l'anima razionale e la carne insieme facciano un uomo, e che altramente egli non sia, e s'egli è, egli è mezzo e non intero in ogni modo. Ma dirò bene che la migliore e maggiore parte dell'uomo è l'anima, perocchè è durevole e sempiterna, dove l'altra è debole e mortale. Il che così essendo senza dubbio niuno, gran meraviglia mi viene alle volte pensando onde ciò nasca, che di piacere al corpo ci affatichiamo quanto per noi si può generalmente ciascuno; all'animo non così molti risguardano e, per dir meglio, pochissimi hanno cura e pensiero.
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