Non sarebbono rimase sì vergognate no, perchè, siccome la sola virtù fa l'uomo e la donna gloriosi, così il solo vizio li fa andare infami e pieni di vergogna, e denigra loro la fama loro vieppiù che pece e corbo non è. Ma perchè oggidì la verità viene a partorire in alcuni uomini e in alcune donne piuttosto odio che amore, e disdegno che benevolenza, cosa buona sarà ch'io lasci assai di quello che avrei e mi resterebbe da dire intorno alla vergogna, che le lisciate donne hanno e sofferiscono di continuo, e valicherò brievemente ragionando al danno grave sì del corpo loro e della vita che abbelliscono, come dell'anima, che lasciano, oimè pure sconciamente, troppo deformarsi, e irrugginire a pieno.
- No, no, dissero qui i compagni tutti; seguite pure della vergogna di queste bellettate, e verrete poi al doppio danno, e poi ad altro che vi resta anco di dire al cospetto nostro, e non abbiate paura di rinnovare l'esempio antichissimo d'Orfeo.
- Chi mi assicura di voi, rispose loro il signor Ladislao, che non m'abbia a cader in sul capo qualche ruina? Io vi dico, soggiunse poi, che non valse nè la poesia, nè la cetera, nè l'archetto, nè Calliope, nè quanto ebbe di buono al già detto Orfeo contra il furore delle donne, che a brano a brano l'andaro stracciando. Non valse nulla a Tamira contro quello delle Muse che lo cecaro. E se non fosse stato savio Stesicoro che si mise a lodare Elena, dove l'avea dianzi, come di sopra tocco n'abbiamo, biasimata, vi so dir io che gli bisognava, quando stendeva la vita, o il bastone di Tiresia, o il fanciullo d'Asclepiade.
| |
Orfeo Ladislao Calliope Orfeo Tamira Muse Stesicoro Elena Tiresia Asclepiade
|