Ma queste sono favole. Qual di noi č che abbia tenuti gli occhi asciutti leggendo le amorose narrazioni di Plutarco, dove egli pone che, sendo per forza due sorelle svergognate da due, e stando esse oltramisura (come quelle che giudicavano di aver troppo perduto, avendo l'onore perduto) malinconiche e addolorate, furono alla fine dai corruttori in un pozzo per ciō precipitata e sepolte? Qual di noi č che leggendo appresso il Lando di quel suo molto intrinseco amico, che per opra d'un servidore, non potendo altrimenti, venne a godere delle rare bellezze d'una fanciulla padovana, che sempre gli era stata dura, non curando nč caldi prieghi nč larghe offerte, venne a godere, dico, al suo dispetto, non bestemmi a pieno lui, e della donzella non divenga tutto difensore, e non le aggia pietā e compassione? A cui poscia degna non parrā d'ogni laude la figliuola di Varrone, Marzia, la quale, essendo eccellente nella scultura e nella pittura; mai non si mise in animo di voler dipingere l'uomo, per non dipingere ancora le parti di sotto vergognose? A cui non parrā Zenobia, della quale di sopra č stato favellato, poi che pur con l'istesso marito non si congiungea se non per cagione di generare? A cui non parrā Baldacca abietta damigella peregrina, la quale ad Ottone imperadore promettentele (che povera era, e anzi bisognosa che no) monti, come si dice, e mari, non volse mai acconsentire? Ma della castitā, della quale vogliamo che tanto la donna nostra sia di continuo guardinga, basti averne detto fin qui senza andare pių oltra, e me e voi con soprabbondanti parole tediando.
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