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      Il che poi è da Probo ne' Carmi attribuiti a Catone, e dall'Ariosto, là dove dei giochi d'Alcina e de' secreti parla, leggiadramente stato imitato con dire,
     
      Che raro fu a tener la labbra cheteBiasmo ad alcun, ma ben spesso virtute.
     
      La maldicenza è tanto odiata dagli uomini che la fuggono, ch'io non lo vi potrei unqua agguagliare a parole. E se non fosse, che'l proverbio usato dal Petrarca ne' suoi dialoghi, cioè oggi essere meglio ferire Ercole, che pur un villano, mi tiene a freno, e mi dissuade, io mi andrei aggirando intorno gli esempi, non solo antichi, ma moderni, in provare quanti odj, e morti ella suscitati, e levati ha ne' nostri tempi, ma mi taccio. Chiacchieriera non sarà, perchè l'avere del parabolano, o cicalone chi è che dubiti, che più non disconvenga alla donna, che all'uomo? E tanto viene questa sconvenevolezza ad essere maggiore, quanto più sono pregiati, e orrevoli quella, e questi. Bisogna sapere, per potersi rattemperare nel parlar nostro, che l'alma e migliore Natura, ch'è Iddio, ci ha voluto dare due orecchie, e una bocca, e questo per scoprirci ella; che più le piacerebbe, e le sarebbe più in grado assai, vederci poco favellare, e udire più in servigio e utilità nostra; ma noi non avvertiamo a questi secreti, che sono in noi dal Cielo infusi, e così di berlingare, cinguettare, e ciarlare non facciamo mai fine, mai non molliamo, mai non finiamo, dalle, dalle, dalle, dalla mattina infino alla sera.
      Il perchè, se vero è ciò che dicono questi fisici, che quel membro, il quale fra gli altri, l'animale bruto, l'uccello, e il pesce viene più ad esercitare, viene anco più a piacere al palato, come più saporito, e ad essere più sano allo stomaco, niuno boccone dee nel vero essere più piacevole, e ghiotto, nè migliore che la lingua nostra, anzi che la lingua delle donne, disse qui l'eccellente Dottore, e tacque poi, non avendo quasi interrotto un punto il signor Ladislao, il quale seguendo:


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Il libro della bella donna
di Federico Luigini da Udine
L'Aristocratica Editrice Milano
1925 pagine 114

   





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