Ma non è piccola briga appo alcuni questa, s'egli meglio sarebbe stato, che non vi fusse mai nasciuto. Considerati gli effetti suoi buoni io, e con la volontà divina la cattiva e irregolata nostra umana, risolutamente dico, e assertivamente affermo, che meglio è stato, che senza lui non vivesse la generazione razionale, che l'uso, dove l'abuso è cattivo, è buono, e niente è da credere, che s'avesse posto a fare Noè, se l'altissimo Iddio non glielo avesse rivelato, e se la nostra ingordigia, per lo suo mezzo viene a cagionare molti e molti mali, non bisogna per ciò dire e conchiudere che non sia cosa buona il vino, e che beati noi se non l'avessimo. La colpa è nostra di quanti quinci scandali si levano, e mai si leveranno. Il vino (pure che non ci partiamo dalla giusta misura) maravigliosamente ci accresce le forze del corpo, ci accresce e ci aguzza lo ingegno, il che non spiace al divino Platone principe de' filosofi. Egli vale a potere allegrare i cuori nostri afflitti e sbattuti da lunghissimi travagli, e da lunghissime cure. Chi non ne bee, non è ben atto al generare, è privo o casso d'ardimento e di robustezza corporea, ha debole e inferma la virtù concottrice, e finalmente tosto viene a morire. Il vino raffrena il vomito, fa digerire, aita lo stomaco, e giova a' nervi. E s'io volessi annoverare tutto il bene, che ne viene all'uomo per mezzo di lui moderatamente bevuto, non è dubbio, che infino al dì non mi stendessi ragionando; ma perchè studio d'essere breve, e di non vi attediare lascerò questo, e narrerò gli sconci, che non per sua colpa, ma per la nostra può di leggieri cagionare, acciocchè poi la donna nostra, veduti gli effetti che dalla sobrietà risultano, e dal contrario di lei, con tutte le forze sue procacci di schifare l'ebbriachezza e ogni superfluità del bere, amando piuttosto d'essere detta sobria, che ebbriaca dal mondo.
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Iddio Platone
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